INTERVISTE

VALÉRIE SEGOND
Giornalista economica e sociale di grande esperienza, Valérie Segond è corrispondente per Le Figaro a Roma dal 2018. Ha lavorato a lungo nella stampa economica e nei principali quotidiani francesi prima di diventare corrispondente per Le Figaro.
COME DESCRIVEREBBE LE RELAZIONI TRA FRANCIA E ITALIA?
In generale, sono due Paesi che hanno molto in comune, una cultura comune, non fosse che per l'accesso al Mediterraneo. Storicamente, tutto ciò che accade da un lato e dall'altro è sempre stato molto importante. Ne è venuta fuori una reale vicinanza tra i due Paesi e direi che da parte dell'Italia c'è una grande ammirazione per la Francia, per loro la Francia è un'Italia che avrebbe funzionato, un'Italia che funzionerebbe meglio di lei. Quindi dal punto di vista italiano mi rendo conto che la Francia è sempre un punto di riferimento. Si guarda sempre quello che succede in Francia, si dice: "Guardate i francesi, hanno fatto così, sono riusciti a fare questo". La Francia è un paese molto importante per l'Italia, più della Germania. Si è più vicini tra Francia e Italia che tra Italia e Germania, non fosse che culturalmente e storicamente parlando. Quindi questa è la grande generalità, cioè che sono cugini, ma i cugini litigano molto duramente e l'Italia ha una sorta di amore e un complesso allo stesso tempo, cioè ammira quello che è la Francia, ammira le conquiste della Francia, che rimane un modello, ma un modello complesso, un modello che infastidisce. Perché i francesi sono considerati arroganti. A volte gli italiani hanno l'impressione che i francesi li disprezzino un po', che in Francia abbiano meno spazio della Germania, per esempio.
LA STORIA DELLE RELAZIONI ITALO-FRANCESI EVIDENZIA LA FRAGILITÀ DEI RAPPORTI TRA I DUE PAESI. MOLTE QUESTIONI HANNO SEMPRE DIVISO PARIGI E ROMA. A COSA DOBBIAMO QUESTA DELICATEZZA DELLE RELAZIONI?
Quando sono arrivata in Italia due anni fa, i rapporti erano pessimi, come non lo erano mai stati, se non durante la guerra, quello è un altro discorso. Parlo in tempi di pace. Due anni fa, quando il governo della Lega e dei 5 stelle è arrivato al potere e che c'è stata una competizione tra la Lega e il Movimento 5 stelle per mostrare i muscoli, se vogliamo, nei confronti dei loro elettori, il rapporto con la Francia è stato un obiettivo di attacco da parte dei due membri dell'alleanza al governo e i rapporti sono stati davvero pessimi in quel momento. La Francia era costantemente presa in giro. La Francia è stata criticata per non essersi resa conto della gravità della crisi migratoria, negli anni 2014,2016,2017, quando sulle coste italiane si erano registrati flussi migratori molto consistenti di clandestini. La Francia aveva un po' trascurato l'Italia a quel tempo e chiaramente l'Italia si sentiva tradita e abbandonata dal Paese che considerava il suo miglior alleato in Europa. Questo è stato molto importante nel rapporto tra i due Paesi e ancora oggi la questione migratoria non è molto semplice tra i Paesi. Perché la Francia non sta facendo molto per aiutare l'Italia. Parla molto ma non fa molto. C'è quello che la Francia dice e quello che la Francia fa nei confronti dell'Italia. Bisogna sempre distinguere le due cose. Era molto evidente, ad esempio, al momento della crisi sanitaria, la prima ondata della crisi sanitaria, la Francia continuava a giurare sul suo cuore di essere solidale con l'Italia, ma la verità è che non stava facendo molto per aiutare l'Italia. E gli italiani se ne sono resi conto e questo ha alimentato un fastidio molto serio nei confronti della Francia. Quindi possiamo dire che ci sono argomenti su cui la Francia parla molto ma non fa altrettanto. Due anni fa c'è stata una crisi molto grave perché l'ambasciatore francese ha finito per lasciare l'Italia.
LA FRANCIA E L'ITALIA HANNO RECENTEMENTE VISSUTO UNA CRISI DIPLOMATICA CULMINATA CON IL RICHIAMO DELL'AMBASCIATORE CHRISTIAN MASSET NEL FEBBRAIO 2019 PER CONSULTAZIONI. COME È STATA VISSUTA QUESTA DECISIONE A ROMA?
Sono stati sorpresi gli italiani. Sono rimasti sorpresi dalla forza della risposta francese. Perché fino ad allora pensavano di poter fare qualsiasi cosa.
Quando i 5 stelle sono andati a incontrare i Gilets Jaunes per metterli contro lo stato francese, ciò non è stato visto di buon occhio in Francia ed è questo che ha portato Parigi a richiamare il suo ambasciatore. Ma gli italiani non pensavano che la Francia si spingesse così lontano. Erano molto incoerenti, facevano delle cose, continuavano a lanciare provocazioni, ma non pensavano che la Francia sarebbe stata rigida. E la Francia aveva ragione perché dopo si sono calmati e hanno smesso di provocarla. Credo che la fermezza della risposta francese abbia sorpreso molto gli italiani.
IL PROGETTO DI UN TRATTATO DEL QUIRINALE SI INSERISCE NELLA VOLONTÀ DI FORNIRE UN QUADRO STABILE PER LA COOPERAZIONE FRANCO-ITALIANA, ISPIRANDOSI AL TRATTATO DELL'ELISEO CHE SUGGELLÒ LA RICONCILIAZIONE TRA FRANCIA E GERMANIA FEDERALE NEL 1963. LE RELAZIONI FRANCO-TEDESCHE RAPPRESENTANO UN MODELLO ESEMPLARE?
Le relazioni franco-tedesche sono certamente il fondamento dell'Europa. Non appena c'è un problema, Francia e Germania si chiamano a vicenda, si chiamano in continuazione. Esiste quindi una vicinanza tra Francia e Germania che ha permesso all'Europa di funzionare nonostante le crisi, ecc. Sì, è un modello nel senso che questo è il modo in cui le cose stanno accadendo, come si sta costruendo l'Europa. In seguito, non è sicuro che gli italiani vogliano avere con la Francia rapporti così stretti e sistematici come la Francia ha con la Germania. A dire il vero, non sappiamo molto, l'Italia non ha mai espresso la sua opinione sulla sua visione del Trattato del Quirinale, quindi aspettiamo di scoprire cosa gli italiani proporranno alla Francia in termini di quadri di cooperazione. Ma la mia impressione è che gli italiani non siano fanatici, non sono necessariamente desiderosi di avere rapporti così stretti come Germania e Francia, anche se sono ben consapevoli che questi rapporti mostrano una grande vicinanza, ed è questo che ha permesso all'Europa di andare avanti.
LA FIRMA DEL TRATTATO DEL QUIRINALE POTREBBE RIMETTERE IN DISCUSSIONE IL GIOCO POLITICO FRANCO-TEDESCO ALL'INTERNO DELL'UE?
La relazione franco-tedesca risale a molto tempo fa, a Robert Schuman e Jean Monnet. I rapporti franco-tedeschi sono variati nel tempo e a seconda dei presidenti e del cancelliere. Da 15 anni ormai è la Merkel. E ci sono state intese più o meno forti a seconda dei presidenti. Penso che ci sia stata un'intesa migliore con Sarkozy e poi con Macron che con Hollande. Quindi i rapporti sono cambiati nel tempo, ma la coppia franco-tedesca è sempre stata molto importante. Ha sempre funzionato a livello globale. Anzi, credo che con il Brexit si siano avvicinati di nuovo.
L'ISTITUZIONE DI UN TRATTATO BILATERALE POTREBBE DARE UN NUOVO IMPULSO ALLE RELAZIONI TRA I DUE PAESI?
Sì, credo di sì. E poi si sa le relazioni sono relazioni tra uomini. Sono le persone che contano. I trattati sono una cosa, sì, è certo che se ci saranno incontri stabiliti in modo istituzionale, regolare, se ci sarà un canale di comunicazione più frequente, più sistematico, più regolare tra i Paesi, ci sarà un quadro che funzionerà bene. Penso che siano le persone che contano. Ci sono persone che sono brave e poi ci sono persone che sono meno brave.
Dipende dall'ambasciatore, l'ambasciatore francese svolge un ruolo molto importante in questo.
Credo che Christian Masset sia molto più presente agli italiani di quanto lo fosse il precedente ambasciatore.
Dipende anche dalle maggioranze politiche, da chi viene eletto. Se si guarda alle elezioni in Italia nel 2023, se la destra viene eletta con la Lega al potere, cosa rimarrà di tutto questo? Quindi, vedete, dipende molto dalle maggioranze, dalle persone che sono al potere, dalla volontà di cooperare o meno, dalla reciproca curiosità tra gli individui.

NICOLETTA PIROZZI
Responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” e delle relazioni istituzionali dell'Istituto Affari Internazionali (IAI), Nicoletta Pirozzi è esperta di politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea. Attualmente è anche associate dello European University Institute, a Firenze, dove si occupa di un progetto legato alle prospettive di integrazione differenziata all’interno dell’Unione Europea.
PERCHÉ, SECONDO LEI, L’ITALIA E LA FRANCIA HANNO INCONTRATO E CONTINUANO AD INCONTRARE DIFFICOLTÀ NEL COSTRUIRE DEI RAPPORTI STABILI, CONTRARIAMENTE A QUANTO SUCCESSO PER LA FRANCIA E LA GERMANIA?
La relazione italo-francese è sempre stata piuttosto difficile. Credo sia una questione che ha a che fare con fattori storici e culturali. La Francia, non dimentichiamolo, è stata anche invasore in territorio italiano, quindi c’è stata sempre una sorta di disequilibrio tra i due paesi fino ad arrivare ai giorni nostri in cui i punti di scontro o comunque di competizione, soprattutto in settori chiave della politica industriale e della politica estera, sono diventati piuttosto evidenti. Quindi l’Italia e la Francia hanno sempre un po’ faticato a trovare un metodo di lavoro congiunto. Devo dire che da un lato c’è stata da parte italiana e c’è sempre un’ammirazione per certi aspetti verso il sistema francese e allo stesso tempo una mancanza di fiducia sugli obiettivi ultimi della Francia in qualsiasi tipo di partenariato. C’è sempre un po’ una percezione di volontà di prevaricazione da parte francese e di imposizione della propria agenda. La relazione italo-francese non è dunque percepita come un partenariato paritario tra i due paesi.
COME PERCEPISCE L’ITALIA IL SUO RAPPORTO CON LA FRANCIA?
La percezione è, da una parte, di un modello per certi aspetti, un modello di organizzazione, di macchina statale, di capacità di far funzionare il sistema paese in maniera strategica rispetto agli obiettivi che ci si pone a livello politico, cosa che in Italia oggettivamente viene a mancare molto spesso. E dall’altra parte anche una sorta di diffidenza legata ad una mancanza di trasparenza o comunque un tentativo di prevaricazione rispetto al partner.
Da parte francese, da quello che ho potuto osservare anche dai contatti con i colleghi e i decision maker francesi, anche lì c’è una volontà di avvicinamento e il riconoscimento che l’Italia è un partner importante, se non necessario, in alcuni settori che hanno a che fare sia con la vicinanza geografica sia con la condivisione di ruolo di paesi fondatori del progetto europeo, ma anche a livello commerciale, industriale, strategico; allo stesso tempo però c’è anche una mancanza di fiducia sulle effettive capacità dell’Italia di rispondere a dei livelli adeguati di partenariato. Quindi diciamo è una relazione un po’ zoppa che non ha quelle caratteristiche di fiducia reciproca e di conoscenza che vediamo nella relazione franco-tedesca che comunque si fonda su anni di relazioni consolidate, rapporti anche di tipo politico-amministrativo molto stretti.
DALLA FIRMA DEL TRATTATO DELL’ELISEO AD OGGI, BENCHÉ DELLE DIFFICOLTÀ INIZIALI, FRANCIA E GERMANIA CONTINUANO A TENERE DEGLI INCONTRI CHE HANNO PERMESSO L’AVANZAMENTO DELLA COLLABORAZIONE TRA I DUE PAESI STESSI, MA ANCHE DELL’EUROPA. FRANCIA E ITALIA AVEVANO COMINCIATO A RIUNIRSI IN OCCASIONE DI VERTICI ANNUALI A PARTIRE DAGLI ANNI 80, MA A CAUSA DELLE INCOMPRENSIONI E DELLA CRISI DIPLOMATICA TRA I DUE PAESI QUESTI SONO STATI INTERROTTI PER ALCUNI ANNI. È QUESTA LA CONFERMA DELLE DIFFICOLTÀ CHE INCONTRANO I DUE PAESI NEL COSTRUIRE DEI RAPPORTI STABILI?
Le difficoltà che abbiamo in questo momento sono legate in parte ad elementi strutturali e in parte ad elementi contingenti che hanno a che fare con la realtà politica. Quelli strutturali hanno a che vedere con una sostanziale divergenza di priorità strategiche tra Italia e Francia, o meglio una divergenza di interessi nelle aree strategiche condivise tra Italia e Francia. Negli ultimi anni noi lo abbiamo visto all’opera in tanti settori, ad esempio in quello della politica estera sulla posizione dei due paesi rispetto alla crisi libica e, anche più recentemente, rispetto al Mediterraneo orientale. Lo abbiamo visto dal punto di vista industriale e tecnologico, in cui i giganti industriali dei due paesi sono in netta competizione, quindi in netta concorrenza tra di loro e così via. Dall’altra parte ci sono stati poi degli elementi contingenti piuttosto problematici. Il 2018 è stato l’anno in cui abbiamo avuto in Italia, per un anno, un governo giallo-verde formato da M5S e Lega che per la prima volta nella storia della politica estera italiana ha messo in discussione le alleanze tradizionali nel contesto europeo e in primo luogo il partenariato con la Germania e con la Francia, che sono stato di fatto dipinti come partner non affidabili per l’Italia, o quanto meno diciamo che non perseguivano gli stessi interessi del nostro paese. Questo ha portato ad una ulteriore difficoltà delle relazioni che poi è culminata in una vera e propria crisi diplomatica che è stata recuperata inseguito grazie all’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e che ha portato ad una normalizzazione di rapporti con il cambio di governo avvenuto ad agosto 2019 e diciamo che coincide un po’ con il ritorno dell’Italia in Europa. Quello che è ben chiaro da parte italiana è che il ritorno dell’Italia in Europa significa anche il ritorno della volontà italiana di agganciarsi a Francia e Germania come motore dell’integrazione, un tentativo che è stato fatto molte volte dall’Italia in passato. Gli ultimi tentativi più concreti sono stati fatti dai governi Renzi e Gentiloni e adesso si cerca di farlo di nuovo, di rifare tutta la narrativa che aveva cercato di mettere in campo l’ex premier Renzi con l’incontro di Ventotene con Merkel e Hollande, ma anche con una politica più attiva dell’Italia al fianco di Francia e Germania. Quindi ecco non escludo che per il futuro ci siano dei miglioramenti sostanziali anche se permangono quegli ostacoli strutturali di cui parlavo prima.
IL CONTRIBUTO DELLA GERMANIA, MA SOPRATTUTTO DELLA FRANCIA, PER L’APPROVAZIONE DEL PIANO DI RILANCIO EUROPEO PER FAR FRONTE ALLA CRISI DEL COVID-19 È STATO DECISIVO. COME È STATO VISTO E VISSUTO IN ITALIA IL RUOLO SVOLTO DA MACRON?
Molto positivamente. Devo dire che l’accordo sul Next Generation Eu ha avuto proprio la funzione di riunire il fronte mediterraneo rispetto ad alcune scelte specifiche di politica economica dell’Unione Europea e in generale di orientamento del processo di integrazione, quindi con le proposte anche molto avanzate di uno strumento di debito condiviso, un meccanismo che da tutta una serie di risorse sotto forma di contributi a fondo perduto per i paesi più colpiti. Quindi il giudizio è stato molto positivo da quel punto di vista, anche perché c’è stata la percezione di un cambio di passo da parte della Germania che in molti hanno anche attribuito ad un’influenza positiva da parte della Francia e del ruolo di Macron. Quello che è venuto un po’ a mancare nella prima fase della pandemia è stata la percezione della solidarietà da parte di Francia e Germania e in effetti i sondaggi fatti nella prima fase della pandemia in Italia mostrano risultati veramente sorprendenti, per cui i partner europei sono percepiti in maniera molto più negativa rispetto a partner come la Cina, la Russia che invece hanno avuto una diplomazia molto più aggressiva anche dal punto di vista degli aiuti sanitari ecc. Quindi in quella prima fase le relazioni di nuovo hanno avuto una crisi abbastanza seria, la mancata fornitura di equipaggiamento medico e così via hanno avuto un impatto molto forte sui cittadini italiani. Poi però con l’adozione del Recovery Fund questo è cambiato in maniera sensibile. Il ruolo francese è stato riconosciuto più o meno da tutti.
ANNUNCIATO PER LA PRIMA VOLTA NEL 2017, IL TRATTATO DEL QUIRINALE È CADUTO NELL’OBLIO A CAUSA DELLA CRISI DIPLOMATICA DI CUI SONO STATI PROTAGONISTI LA FRANCIA E L’ITALIA. RIEVOCATO IN OCCASIONE DEL SUMMIT DI NAPOLI DI FEBBRAIO SCORSO, IL PROGETTO È STATO NUOVAMENTE MESSO DA PARTE IN RAGIONE DELLA CRISI DEL COVID-19. SECONDO LEI, SI TRATTA SEMPLICEMENTE DI UNA SERIE DI SFORTUNATI EVENTI O È INVECE SEGNO DI UN POCO INTERESSE NELLA CREAZIONE DI UN ACCORDO BILATERALE?
Indubbiamente le circostanze sono state molto sfortunate. È chiaro che ci sono state esigenze molto più impellenti e diverse a partire da inizio di questo anno che hanno bloccato i rapporti diplomatici, ne hanno resi difficili l’attuazione da un punto di vista fisico, di incontro e a livello di priorità politiche. Però credo ci sia anche dell’altro e cioè che non si è mai chiarito fino in fondo da parte dei due paesi quali sono, quali sarebbero gli obiettivi specifici di questo trattato e come dovrebbe funzionare nella pratica. Tutte quelle relazioni che sono in essere tra Francia e Germania, non sembra ci sia un’articolazione molto concreta nelle discussioni per un trattato del Quirinale tra Francia e Italia. C’è una volontà generica e positiva da parte dei due paesi di incontrarsi, di tessere relazioni più profonde, di aver un quadro strategico di riferimento condiviso, però non si è mai entrati abbastanza su quali sono gli obiettivi specifici di questo trattato e cosa dovrebbe cambiare nella pratica nelle relazioni tra Italia e Francia. Credo che da entrambi le parti sia mancato un po’ questo tipo di volontà politica, al di là di questa generica volontà di avere rapporti più stretti, che però non basta e resta fine a sé stessa.
LA CREAZIONE DI UN TRATTATO BILATERALE POTREBBE AIUTARE FRANCIA E ITALIA A GETTARSI ALLE SPALLE QUEI NUMEROSI PUNTI DI DISACCORDO CHE SONO EMERSI NEGLI ULTIMI ANNI (ES. QUESTIONE LIBICA, FLUSSI MIGRATORI)?
A mio avviso questo non è possibile nel breve periodo perché gli interessi strategici, soprattutto su alcuni aspetti, sono abbastanza distanti tra i due paesi e quindi credo che una convergenza richiederebbe una consuetudine di lavoro, una rete di relazioni diplomatiche, ma anche una familiarità tra le amministrazioni competenti dei vari dossier e dei principali attori del settore privato che si costruisce nel corso di anni, se non di decenni. Quindi credo che la relazione che vediamo all’opera tra Francia e Germania non è paragonabile proprio perché ha alle spalle questa consuetudine di lavori in comune che Italia e Francia potrebbero sicuramente costruire, non credo affatto che sia impossibile, anzi sono convinta che sarebbe un beneficio per entrambi, ma che arriverebbe dopo anni di questo tipo di relazioni. Il trattato del Quirinale lo vedo come la cornice che potrebbe facilitare tutto questo, l’inizio di un percorso in comune, ma ancora tanto lavoro c’è da fare da entrambi le parti.